Il 24/04/2018 PM Maurizio Ascione, durante la requisitoria al processo per i lavoratori ATM morti (6 casi tra il 2009 e il 2015) e ammalatisi di patologie asbesto correlate (2 casi), ha affermato che ATM ha creato “un’emergenza ambientale” riguardante “non solo i dipendenti, ma anche i viaggiatori della metropolitana”.

Le gallerie ferroviarie ATM non essendo state dotate di un “adeguato impianto di aspirazione” e di “filtri nelle camere di ventilazione” hanno causato il massiccio ricircolo delle fibre di amianto liberate dai mezzi mobili e contenuti nelle gallerie stesse.

Ascione ha sostenuto che ATM non aveva fornito nè informazione sul rischio amianto, nè dispositivi di protezione individuale e collettiva ai lavoratori esposti. Di fronte alle richieste di informazione dei sindacati ATM negò addirittura la presenza di amianto.

Al direttore sopravvissuto viene contestato anche di non essersi occupato del problema della pulizia degli abiti da lavoro contaminati.

Il 29/10/2018 Gambini è stato assolto con formula piena nonostante il PM avesse chiesto una condanna di 6 anni.
L’avvocatessa Bonzano di ATM ha colto l’occasione per dichiarare che tale sentenza pone fine alle richieste di risarcimento per circa un milione di Euro avanzate dalle parti civili.

Il 28/01/2019 la giudice monocratico ha depositato le motivazioni della sentenza: le prove emerse durante il dibattimento relative alla dispersione di fibre e alla loro inalazione da parte dei dipendenti non sono sufficienti; inoltre, essendo impossibile determinare scientificamente il momento di completamento del processo di cancerogenesi, non è possibile stabilire la responsabilità penale di alcun imputato.

La sentenza di appello è prevista per il 21 ottobre 2021.